06 Febbraio 2024
La cooperazione sociale è un mondo complesso, poliedrico e in continua trasformazione. Abbiamo provato a fare una fotografia della situazione a oggi chiedendo ad alcune cooperative afferenti al Consorzio COeSO Empoli di fare un focus su alcuni aspetti chiave delle cooperative imprese sociali.
Di seguito alcuni estratti dell'intervista posta a Roberto Beconcini della Cooperativa Il Piccolo Principe, Tania Mariotti della Cooperativa Indaco, Andrea Cristalli della Cooperativa Pegaso e Cristina Dragonetti della Cooperativa SintesiMinerva.
Il reperimento di nuove competenze che possano essere funzionali al cambiamento che si richiede alle cooperative/Imprese Sociali è un tema fondamentale. Come pensi di affrontare o come stai affrontando questa ricerca?
Cooperativa Il Piccolo Principe: “La complessità non si disarticola con il tecnicismo puro. L'elemento di cui abbiamo urgenza a nostro avviso rispetto al cambiamento è la capacità di aggregazione in senso più ampio possibile, a partire dall'aggregazione dei bisogni, degli interessi, delle persone finanche, certo, all'aggregazione delle competenze ma soprattutto della comunità.
Cooperativa Indaco: “Il reperimento di nuove competenze è fondamentale. Questi i canali che stiamo sperimentando in cooperativa: l’attivazione di percorsi formativi e di crescita professionale interni che consentano l’acquisizione di competenze professionali. La scelta di consulenti e di reti di confronto che diano la possibilità di rimanere aggiornate e sempre attente al mondo delle imprese sociali. Infine ultimo canale è il percorso di recruiting: a oggi cerchiamo sempre più personale che, oltre ai titoli di studio conformi, abbia capacità di problem solving, progettazione, competenze relazionali e di comunicazione e riflessione.
Cooperativa SintesiMinerva: “La riflessione è molto ampia perché in alcuni casi possono essere innalzate le competenze attraverso la formazione e/o il coaching mentre in altri si pone il tema del reperimento di nuove figure professionali. In entrambi i casi abbiamo scelto consulenti che ci potessero indicare la migliore via da perseguire.”
Cooperativa Pegaso: “Coniugare sviluppo ed equilibrio finanziario per realtà piccole è sempre più difficoltoso: da una parte il non riconoscimento del valore sociale, dall'altra le attuali esigenze del mercato mettono in crisi le cooperative di tipo B. Il necessario processo di trasformazione, congiunto all'inderogabile necessità di acquisire nuove competenze viene attuato grazie all'uso di professionisti esterni con cui fare programmi mirati sulle competenze e sulla progettazione.
Credi sia possibile conciliare le esigenze del mercato e il bagaglio valoriale che la cooperazione porta storicamente con sé? Se sì quali sono gli strumenti che la cooperazione possiede per tentare di conciliare questi due mondi che appaiono sempre più distanti?
Cooperativa Il Piccolo Principe: “Le esigenze del mercato e il bagaglio valoriale sono certamente conciliabili e ce lo dimostra soprattutto il mondo profit che fa di tutto per conciliarlo e comunicarlo, a volte anche molto bene. Il vero tema che dobbiamo riscoprire noi del terzo settore è il bagaglio valoriale come nostro elemento fondante. Siamo in una stagione della Cooperazione oramai lontana dalla sua fase fondativa (colma di trazione valoriale), abbiamo attraversato una stagione espansionistica che ci ha spinti verso una sofisticazione tecnica ora dobbiamo riporre al centro il tema valoriale come peculiarità, come distintivo. Il rischio altrimenti è di diventare un ibrido poco appetibile.”
Cooperativa Indaco: “Almeno nel nostro settore (ambito educativo) i due aspetti possono essere conciliati, ma solo a seguito di un riconoscimento del lavoro svolto dalla cooperazione, della sua qualità da un punto di vista contrattuale ed economico e del lavoro professionale messo in campo. Affinché si possa parlare del bagaglio valoriale della cooperazione è necessario che chi ci lavora possa conoscerlo, riconoscerlo, metabolizzarlo e farlo proprio nell'agire quotidiano. La conciliazione tra esigenze di mercato e bagaglio valoriale, a mio avviso, deve partire da azioni di rivisitazione culturale e politica, dove la cooperativa viene riconosciuta non come una soluzione economicamente vantaggiosa, ma come garanzia di qualità del servizio offerto e di capacità di generare benefici a breve e a lungo termine sul territorio di intervento. Da una parte quindi la cooperativa deve investire in qualità e competenze, dall'altra i decisori politici devono essere disposti a investire in ascolto e confronto con le cooperative, a oggi intese principalmente come sole esecutrici senza che sia loro riconosciuto il valore aggiunto di empowerment territoriale.”
Cooperativa SintesiMinerva: “La necessità di conciliare le esigenze del mercato con le istanze valoriali è una competenza necessaria ai gruppi dirigenti da sempre. È un’esercizio distintivo che può essere riassunto nella famosa frase di Einstein “Non tutto quello che può essere contato conta ne tutto quello che conta può essere contato”. Questo per dire che si tratta di un'abilità di navigare tra lo scoglio del bilancio d’esercizio e lo scoglio della valorialità. Occorre dosare entrambe e rivendicare con orgoglio la diversità delle imprese cooperative soprattutto in questo momento dove, con l’introduzione dell’obbligo del bilancio di impatto, molti attori anche profit-profit si appropriano dei temi dell’economia sociale.”
Cooperativa Pegaso: “No, penso che non sia possibile coniugare le due antitesi a meno che non si riesca, con un enorme sforzo collettivo, a fare della cooperazione sociale un vanto di efficienza e modernità, intesa come capacità organizzativa, velocità a rispondere ai problemi, abilità nel trovare soluzioni difficili. Anche se fosse tutto questo si realizzasse, non potrà mai essere un'impresa capace di confrontarsi con le logiche di mercato, a meno di snaturare le sue prerogative. Però, cambiando la percezione e il modo di erogare servizi, potremmo far sì che sia il mercato a richiedere le prestazioni alle cooperative, rinunciando per una volta al massimo profitto, ma acquisendo vantaggi magari d'immagine. Ma qui si torna alla prima domanda: capacità di reperire nuove competenze e una formazione quasi quotidiana per il gruppo dirigente, cosa difficile da realizzare.”
Come pensi si possano evolvere i rapporti e le relazioni tra la cooperazione e i suoi tre stakeholder principali: soci, comunità e pubblica amministrazione?
Cooperativa Il Piccolo Principe: ”Dobbiamo far di tutto per acquisire consapevolezza dell'identità dell'essere socio in una cooperativa sociale oggi e crediamo sia fondamentale riappropriarci delle comunità, che spesso trattiamo da utenza, senza più avere la capacità di viverle. Se riusciamo in questo può mutare anche il rapporto con le amministrazioni da cui dobbiamo però essere sempre meno dipendenti.
Cooperativa Indaco: ”Per ognuno di questi stakeholder ci sono due plausibili direzioni: una negativa (se si guarda alla staticità delle cose) e una positiva (se si guarda alle risorse e alla ricchezza creativa del nostro mondo cooperativistico) Sta a noi fare la differenza. Dobbiamo infatti capire che solo agendo su di noi (intendendo per noi, CDA e direzione cooperativa) possiamo provocare un cambiamento positivo e di apertura verso gli altri nella reciprocità dello scambio. Si tratta, in questo caso, di attivare sistemi per innescare l’ascolto e il confronto insieme alla credibilità e progettazione comune.
Cooperativa SintesiMinerva: “La parola chiave a mio parere è vicinanza. Ho sempre interpretato questi stakeholder come un porto sicuro a cui poter tornare e per questo non ho mai voluto percorrere strade troppo distanti. Si tratta però di attori multipli e spesso risulta difficile trattenere relazioni con mondi così diversi anche singolarmente tra loro. Vicinanza comunque significa soprattutto leggere i bisogni e adattare codici e azioni a ciò che si incontra tra soci, comunità e PA.”
Cooperativa Pegaso: “La cooperativa è i suoi soci, è la partecipazione dei suoi soci, è la capacità che hanno i suoi soci di arricchirla con le proprie esperienze in condivisione con tutte le altre. Altrimenti non c'è cooperazione. Uno dei problemi è come far sentire i soci parte del percorso, necessari e importanti. Un corpo sociale spento, spegne anche la direzione. Un corpo sociale vivo può far sì che la cooperativa risponda in parte alle esigenze di un rinnovamento, di presentarsi in maniera nuova alla comunità che l'accoglie. E alla comunità raccontare il più possibile, raccontare del valore anche economico che c'è dietro quello sociale. Solo con un cambio di percezione da parte delle comunità, anche la pubblica amministrazione non potrà che prendere atto che il valore sociale delle cooperative B è superiore al valore di mercato e alla loro capacità concorrenziale.
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