21 Luglio 2023
Ne ha fatta di strada la Rete Inclusione Empolese Valdarno Valdelsa, da quando, nel maggio di un anno fa si è costituita ufficialmente. Con le due portavoce, Anna Maria Leoncini e Sabina Marmeggi, abbiamo fatto un bilancio di questi primi 14 mesi di vita della Rete e sui passi futuri, che partono dall'impegno verso un cambio di paradigma necessario per vincere la cultura di diffidenza e di paura.
La Rete Inclusione ha compiuto da poco il suo primo anno di attività. Si può fare un bilancio?
La Rete Inclusione in un anno è riuscita a creare un clima estremamente positivo e costruttivo sia al proprio interno che all’esterno, nella comunità, forse proprio per il fatto di non essere essa stessa un soggetto giuridico ma un “collettivo”, un coordinamento, in cui le associazioni e le organizzazioni aderenti mantengono la propria individualità e la propria autonomia. Associazioni e organizzazioni che collaborano nella Rete per amplificare l’azione trasformativa di cui sono portatrici nelle comunità, a beneficio di altri, gli esclusi o coloro che sono a rischio di esclusione sociale, e non per vantaggi o tornaconti specifici della singola realtà associativa. Un anno positivo dunque dimostrato sia dall’aumento degli aderenti (da 39 della data di costituzione a 47 di oggi) che dalla molteplicità dei progetti attivati. Nei primi mesi successivi alla sua costituzione la Rete Inclusione si è dotata di un regolamento di funzionamento, prevedendo che solo l’Assemblea plenaria possa prendere le decisioni e che l’esecutività è portata avanti da gruppi di lavoro, ad adesione libera e volontaria. Ci sono gruppi di lavoro stabili (gruppo di coordinamento, gruppo inclusione scolastica, gruppo comunicazione ed eventi, gruppo sport, gruppo linguaggio inclusivo) e gruppi di lavoro che si costituiscono in occasione di bandi di finanziamento per la costruzione comune di progetti specifici. In questi mesi abbiamo raggiunto risultati strabilianti: la partecipazione a bandi di finanziamento ha permesso di attrarre risorse sul territorio e attivare progettualità innovative, la realizzazione del sito internet della Rete Inclusione EVV e l’attivazione del profilo “social”, il gruppo di lavoro “Inclusione scolastica” sta lavorando ad un vademecum sull’inclusione scolastica da mettere a disposizione delle famiglie di alunni e studenti disabili che si affacciano al mondo della scuola, la mappatura dei centri estivi inclusivi organizzati e gestiti da Organizzazioni/Associazioni della Rete Inclusione, l'organizzazione di eventi di lettura con la Comunicazione Aumentativa Alternativa, l'organizzazione e la partecipazione di eventi di approfondimento e sensibilizzazione, oltre all'adesione al Progetto 'Palestre della Salute' e alla sottoscrizione del Protocollo di Intesa con la Società della Salute Empolese Valdarno Valdelsa.
Il risultato sicuramente più positivo e motivante resta comunque la volontà di lavorare e collaborare insieme per qualcosa che va oltre agli obiettivi ed agli interessi della singola associazione/ organizzazione e che riguarda la nostra comunità e la volontà di contribuire a renderla veramente inclusiva per tutte e tutti, e non solo per le persone con disabilità che rappresentano solo una parte delle cosiddette “fragilità”. Sì perché alla Rete Inclusione EVV interessano tutte e tutti, con qualsiasi caratteristica. Insomma, alla fine vogliamo solo cambiare il mondo, un passo alla volta, con il sorriso e la fiducia che insieme siamo più forti.
Quali sono le principali avversità che avete incontrato? Come vedete il futuro della Rete?
Non abbiamo incontrato avversità perché tutto ciò che abbiamo costruito è nato di giorno in giorno in base alle proposte e alla volontà dei soggetti aderenti. La caratteristica della Rete di non essere un soggetto giuridico e di non avere una “struttura” propria, ma di agire grazie all’azione volontaria delle associazioni aderenti (già di per se spesso associazioni di volontariato), è un punto di forza a cui non vogliamo rinunciare, ma sicuramente rende più complicata e faticosa l’operatività e l’attivazione delle nuove progettualità. Come vediamo la Rete Inclusione nel futuro? Ancora più forte e coesa, con progetti finanziati e diffusi su tutto il territorio di riferimento, con relazioni attive con le istituzioni scolastiche (ci stiamo lavorando), e tante persone che riusciranno a beneficiare di questo lavoro collettivo.
Quali sono secondo voi i punti di forza e di debolezza nel nostro territorio per quello che riguarda l'inclusione delle persone con disabilità.
In primo luogo ci teniamo a sottolineare che la parola “Inclusione” del nostro nome non riguarda solo le persone con disabilità ma tutti: la Rete fa riferimento a un’idea di inclusione in senso ampio, intesa come attenzione diffusa e strutturale verso le caratteristiche e i bisogni di ogni membro della comunità, con una particolare attenzione ai bambini e ai ragazzi. La debolezza per l’inclusione, sia delle persone con disabilità che per le persone senza disabilità, nel nostro territorio come ovunque, sta nella cultura di diffidenza e di paura verso il diverso, e nella mancanza di conoscenza della diversità, di qualsiasi diversità si parli. Per questo si può sentire una mamma dire al proprio figlio “lascialo fare, non lo vedi che questo bambino non è normale?” , nella consapevolezza che questa mamma forse non si rende nemmeno conto di offendere il bambino in questione e neppure che sta mettendo le basi per far diventare suo figlio un potenziale futuro “bullo”, quindi, di fatto, di far male in primo luogo proprio a suo figlio e allo stesso tempo minare, inconsapevolmente, la possibilità futura di creare una realtà sociale veramente inclusiva .
Per questo si possono sentire racconti agghiaccianti di studenti con disabilità messi nelle classi “speciali” semplicemente perché in classe danno fastidio e perché si è sempre fatto così Per questo spesso nelle scuole non si adottano le misure compensative dovute nei casi dei disturbi dell’apprendimento contribuendo ad aumentare la dispersione scolastica e a minare l’autostima di splendidi e promettenti adolescenti Per questo quando si parla di disabilità i servizi televisivi mettono in sottofondo una musica triste e una voce narrante affranta; per questo gli articoli di giornale utilizzano terminologie come ad esempio “affetto da …” o “costretto in carrozzina”. E così facendo contribuiscono a diffondere una dannosa quanto inutile visione pietistica della disabilità e aumentano la paura e la distanza nei confronti del “diverso”. E si potrebbe continuare per pagine e pagine. Ecco, secondo noi tutto ciò non accade per cattiveria, o almeno non sempre, ma per mancanza di conoscenza e di cultura. E cambiare la cultura e la testa delle persone è difficile, ci vuole tempo, pazienza, perseveranza, costanza … ma si può fare!
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